Tutti coloro che sono ancora in possesso di un buono postale fruttifero ordinario (cioè non a termine) emesso dopo il 13/06/1986 che abbia stampigliato sul retro questo timbro, ormai sanno o dovrebbero sapere che Poste Italiane S.p.A., al momento del rimborso, relativamente al periodo che va dal 21esimo al 30esimo anno dall’emissione, non corrisponde, l’importo indicato sul buono, ma un importo inferiore.
Questi i fatti.
Ogni sottile argomentazione sulle norme che consentono all’intermediaria Poste la decurtazione dell’importo indicato sul titolo, sulla tuttora esistente contrapposizione nell’ambito delle tesi dottrinali e giurisprudenziali, contrapposizione che, a mio avviso, si concretizza soltanto nell’ennesimo scacco alla tutela del risparmio, non interessa certo ai “non addetti ai lavori”.
Ai risparmiatori, che siano in possesso di questi titoli, interessa soltanto sapere se l’importo che spetta loro è quello in cui ragionevolmente avevano riposto le aspettative cioè quello che risulta indicato sul retro del titolo. Insomma, ai possessori di questi titoli interessa soltanto sapere se è stato irrimediabilmente leso il diritto di credito portato dal titolo e, in caso positivo, se esiste qualche forma di tutela in merito.
A mio parere, una recente e condivisibile pronuncia dell’Arbitro Bancario e Finanziario, favorevole ai risparmiatori, dimostra l’attualità e la fondatezza della questione e mina fortemente il tentativo maldestro dell’intermediaria Poste di mettere una pietra tombale sulla questione.
Ritengo , poi, che negando attuazione a quelle decisioni dell’ABF favorevoli ai risparmiatori perché non suscettibili di esecuzione forzata e perché in contrasto con la giurisprudenza ordinaria, oltre a ledere il diritto di tutela del risparmio quale diritto costituzionalmente garantito, delegittima il ruolo dell’ABF quale organismo altamente specializzato.